Sono trascorsi quasi 10 anni, eppure, mi ricordo il nostro primo incontro come fosse ieri: ero
capitata per caso nel suo locale e quando mi sono trovata davanti un omone massiccio che si è presentato
come Luca Giannone, chef patron del Galù. Considerato che credevo di essere diretta altrove, sono rimasta
decisamente colpita, ma a sconcertarmi maggiormente non è stata tanto la mia gaffe “geografica”, quanto
la mise decisamente atipica per uno chef: cappello borsalino blu elettrico e improponibili occhiali da vista in
tonalità glow.
Passato lo sgomento, è stato il locale ad attrarre la mia attenzione: pietra bianca tipica della zona
Sciclitana, alti tetti dalle volte a crociera, sedie in plexiglas trasparenti, dettagli rosso scarlatto a ravvivare
l’ambiente che risultava moderno e accogliente al tempo stesso. Francamente ho pensato che la parte
migliore del pranzo, che mi ero proposta come “rapido ed indolore”, sarebbe stata proprio quella estetica,
condita dalla giusta dose di storia locale. Con mia somma sorpresa, però, all’entrée che includeva un
freschissimo crudo di mare, è seguito un antipasto caldo, un primo, poi un altro e alla fine… da fast lunch la
mia pausa si è trasformata in una mini degustazione di cibo e vino, suggerito, quest’ultimo, dalla solerte
“donna di sala” Gabriella Blandino gioviale e accogliente moglie dello chef. La mano c’era, certo, lo stile era
ancora piuttosto “grezzo”, ma era evidente che il ragazzo aveva le carte in regola per affermarsi nel mondo
della ristorazione siciliana.
E’ nato così, al primo morso, il rapporto “D’AMORE” gastronomico che mi lega a Luca Giannone e
Gabriella Bladino e al loro “Al Galù”.
Ne è passata di acqua sotto i ponti da quel giorno, quando salutando la stupenda famiglia che mi
aveva incantato al di là dell’ottimo pasto consumato, con la generosità e la giovialità dei modi, mi impegnai
a “promuovere” nel piccolo delle mie possibilità, la creatività e l’impegno della giovane coppia.
Così, come nelle favole, arriva il giorno in cui il principe ranocchio non ha più bisogno della sua fata
madrina e quel giorno, posso dire con certezza, è arrivato ed è stato per me fonte di orgoglio e
soddisfazione vedere i cambiamenti che il giovane cuoco dalla mano un po’ “grezza”, ha fatto nel tempo.
Vedere i suoi piatti dalle porzioni “pantagrueliche”, farsi equilibrati e ben dosati. L’emblema di questa
metamorfosi è l’ultima delle sue creazioni che ho avuto l’onore di assaggiare in occasione di Cioccolart Sicily
2018 a Forza D’Agrò in provincia di Messina: Lampuga rigenerata in acqua di mare, scottata a fuoco spento
e servita con ganache di cioccolato bianco e passion fuit, con fave di cacao, pesto di finocchietto selvatico e
caviale di passion fruit. Un apoteosi di gusto che nella sostanza si racchiude in tre ingredienti: cioccolato,
passion fruit e lampuga, semplicità assoluta per un piatto da ristorante gourmet.
E adesso? Da brava fata madrina, prima di pronunciare il fatico “The end”, osserverò con l’occhio
lucido il bel principe ranocchio e la sua sposa, volare sino alle stelle con il loro cocchio alato trainato da
cernie, lampughe, palamiti, pesci sciabola e ogni sorta di abitante dei nostri mari, scortati dalle loro tre
stupende principessine.