Lo devo ammettere: attendevo con trepidazione il giorno in cui avrei potuto riprendere in mano la mia vita come la conoscevo “prima dei miei adorati tre terremoti”.
Cosa cambiava? Aperitivi non di lavoro ma di piacere, cinema, qualche concerto e, soprattutto, il mio adorato TEATRO.
Nonostante la “piena ripartenza” sia ancora lontana, finalmente ieri sono riuscita a tornare dal mio primo amore (non me ne voglia mio marito)… Il Teatro Vittorio Emanuele.
Confesso di essere stata eccitata come una bambina in un negozio di caramelle e di essermi goduta lo spettacolo con l’avidità di chi non sa quando potrà tornare a scartare quei bon bon!
Ma non è stata “l’astinenza teatrale” a farmi quasi spellare le mani dal tanto applaudire, bensì le indiscusse, eppure sempre sorprendenti, capacità interpretative di Gianfranco Iannuzzo e Barbara De Rossi, impegnati nell’esilarante pièce “Il Padre della Sposa” di Caroline Francke.
I due protagonisti hanno, infatti, richiamato felicemente l’interpretazione di Spencer Tracy e Joan Bennet nel film di Vincent Minnelli del 1950, con l’importante differenza che, quasi a non voler violare la la sacrale ed ironica compostezza di Tracy, Iannuzzo veste il padre “oculato” quanto affranto al pensiero di perdere la figlia, di una vena comica che sposta l’asse della commedia verso una “leggera” accettazione dell’inevitabile: i figli vengono messi al mondo per spiegare le ali da soli e abbandonare il nido.
Al pari dei due attori principali, riescono a strappare applausi e risate spontanee anche gli altri protagonisti Roberto Iannone, Marcella Lattuca, Martina Difonte, Lucandrea Martinelli e Gaetano Aronica, magistralmente diretti da Gianluca Guidi.
Sempre a Gianluca Guidi vanno i meriti delle musiche che accompagnano i vari momenti dello spettacolo che si snoda fra i sentimenti contrastanti che attraversano un padre che non vuole far soffrire la figlia, ma che deve trovare modo di metabolizzare di doverla vedere allontanarsi.
Azzeccata anche la scenografia che nel suo “spartano” richiamare ad un elegante salotto, che si affaccia attraverso una grande vetrata luminosa su un rigoglioso giardino, non distrae l’attenzione del pubblico neppure quando in un battere d’occhio si trasforma nell’abitazione dei “surreali” consuoceri e poi, in un tripudio di fiori bianchi, nella villa addobbata a festa per le nozze.
Menzione a sè merita l’esilarante interpretazione del Wedding Planner russo, Boris, regalataci da Aronica, che riesce a trasportare il pubblico idealmente in una realtà attualissima: quella degli organizzatori di matrimoni, che hanno come parola d’ordine: Stupire a tutti i costi…
Emozionante, nonostante riesca a mantenere la leggerezza acquisita durante tutto lo spettacolo, il finale in cui padre e figlia si ritrovano a confrontarsi occhi negli occhi, prima che la sposa, Martina Di Fonte, venga accompagnata radiosa all’altare dove ad attenderla troverà Lucandrea Martinelli nei panni dello svampito Ludo.
A nozze concluse quindi cosa rimane? Restano i due genitori adesso anche “suoceri”, stretti in un abbraccio che ha tutto il sapore dell’infinito amore di un padre è una madre verso la loro figlia e di due sposi che adesso dovranno reinventarsi nella loro ritrovata situazione di “sposini” pluriventennali…