Possono un ricco, colto e tormentato tetraplegico e un giovane squattrinato ed ignorante, che vive di espedienti e furterelli, diventare grandi amici, quasi complementari l’uno all’altro?
La risposta non può che essere affermativa se ci si rifà alla storia messa in scena da Massimo Ghini e Paolo Ruffini al Teatro Vittorio Emanuele, per la regia di Alberto Ferrari.
“Quasi Amici” è liberamente tratta dall’Autobiografia “Il mio diavolo Custode”, scritta da Philippe Pozzo di Borgo, un uomo d’affari che divenne tetraplegico a seguito di un incidente di parapendio nel 1993 e che pochi anni dopo l’incidente, perse anche la moglie. Il lutto e la sua nuova condizione spinsero l’uomo verso uno stato di profonda depressione, finché nella sua vita non arrivò l’assistente Abdel Yasmi Sellou che lo aiutò a ritrovare la gioia di vivere.
Ed è proprio questa voglia di euforica serenità che i due attori protagonisti della pièce teatrale portano sul palcoscenico.
Massimo Ghini, in scena Philippe, è bravissimo nel rendere vivida la sua immobile interpretazione, attraverso una mimica facciale che si dibatte fra l’essere specchio di una velata ironia o maschera angosciata di una solitudine che diviene quasi palpabile nello stesso momento in cui Driss entra nella sua vita, convinto di uscirne dopo un attimo e invece impossibilitato a farlo senza dover rinunciare ad una proposta sfacciatamente allettante alla quale ovviamente non saprà dire di no.
Ruffini, dal canto suo, è impagabile nel suo modo obliquo e scanzonato di affrontare la realtà, anche la più scoraggiante, forse per non soccombere esso stesso ad una atmosfera altrimenti soffocante, vestendosi, quindi, di una energica è contagiosa carica vitale.
Inizia nello stesso istante in cui i due attori incrociano lo sguardo, l’improbabile eppure intenso rapporto fra i due, uno scambio a volte impari di sentimenti, sguardi, azioni, che serviranno a “liberare” Philippe dalle catene del suo dolore e renderanno il fatuo ed apparentemente immaturo Driss, un uomo responsabile e attento alle esigenze altrui oltre che alle proprie.
Un legame, il loro, che evolve ogni giorno, scevro di ogni forma di pietismo, anzi a tratti addirittura aspro nel suo essere concreto. A fare fa corollario ai due protagonisti, Claudia Campolongo, Francesca Giovannetti, Leonardo Ghini, Giammarco Trulli, Alessandra Barbonetti e Diego Sebastian Misasi che entrano in scena consolando, bacchettando, amando, piangendo, ridendo, in una parola VIVENDO.
Azzeccatissima la scenografia, in cui si contrappongono due piani inclinati sul cui sfondo scorrono idealmente attimi di quotidianità e racconti di vita passata e vissuta, grazie alla magia messa in campo dai video di Robin studio. “Quasi amici” lascia nel pubblico presente in sala una sorta di serena accettazione, la consapevolezza di poter sempre cambiare il proprio destino, anche quando ci si sente racchiusi in quel un lungo e buio cubicolo che può essere la vita